Regola canonica per intendere le espressioni della Scrittura riguardanti Cristo 1. 2. Perciò noi teniamo come assolutamente certo il principio, riscontrabile ovunque nella Scrittura e dimostrato dai dotti esegeti cattolici come regola di fede, che ci permette di concepire nostro Signore Gesù Cristo come Figlio di Dio ed uguale al Padre secondo la natura divina nella quale sussiste, ed inferiore al Padre secondo la natura di servo che assunse; nella quale natura è divenuto inferiore non solo al Padre, ma anche allo Spirito Santo e perfino a se stesso, tenuto conto che è uomo; non però inferiore a se stesso per quello che era prima, cioè per quella natura di Dio che ha conservato anche nell’assumere la natura di servo, come ci insegnano le testimonianze della Scrittura che abbiamo ricordato nel libro primo. Troviamo tuttavia nelle parole di Dio enunciazioni di tal sorta che resta dubbio con quale criterio giudicarle: se con il criterio della natura assunta per la quale consideriamo il Figlio come inferiore, oppure con il criterio della natura divina per la quale il Figlio non è inferiore ma uguale al Padre, benché abbia origine dal Padre come Dio da Dio, luce da luce. Infatti noi chiamiamo il Figlio, Dio da Dio; il Padre, solamente Dio, non Dio da Dio. Perciò appare chiaro che per il Figlio c’è un’altra persona da cui è e di cui è Figlio; per il Padre non c’è un Figlio da cui abbia origine, ma soltanto un Figlio di cui è Padre. Infatti ogni figlio è quello che è per origine da suo padre, ed è figlio di suo padre; viceversa nessun padre è quello che è per origine da suo figlio, ma è semplicemente padre di suo figlio.