MUSICA E MATEMATICA Musica e Matematica sono da sempre così indissolubilmente legate (fra loro e con la Fisica, l’Acustica in particolare) da avere innumerevoli punti di contatto nella storia dell’evoluzione di concetti ad esse propri, quali il ritmo, la notazione sul pentagramma, in cui i canoni sono ottimi esempi di simmetrie, la durata di note e pause e il conseguente metro (la durata delle battute in uno spartito). Nella concezione degli antichi Greci la musica e la matematica erano i due pilastri del conoscere e già Pitagora (571 - 479 a.C.) aveva dato un indirizzo scientifico alla teoria musicale, con la trattazione della natura dei suoni e dei loro rapporti numerici. Provò addirittura a dedurre le leggi matematiche dell’universo. Pitagora scoprì come le altezze dei suoni fossero legate tra loro da precisi rapporti numerici ovvero da numeri razionali. L’intuizione di Pitagora sarebbe merito di un... metallaro ovvero di un fabbro crotonese che martellava il ferro con mazze di grandezze diverse. Tra i tintinnii che i colpi producevano sulle incudini, alcuni risultavano più gradevoli di altri. Indagando sul perché, Pitagora scoprì che martelli i cui pesi stavano in precisi rapporti producevano suoni consonanti. Da precursore del metodo scientifico tornò in laboratorio dove, usando una “chitarra” primordiale, evoluzione del monocordo, studiò i suoni prodotti da corde elastiche (nervi di bue) messe in tensione grazie a pesi differenti. Scoprì che la consonanza tra coppie di suoni si ripeteva quando tali tensioni stavano fra loro come, ad esempio, 4:1. La nota emessa da una corda tesa da un peso quadruplo ha quindi frequenza doppia: diremo che dista un intervallo di ottava dalla precedente. Il nostro cervello la percepisce “uguale” ma più acuta. I rapporti tra Musica e Matematica sono quindi molto stretti, sia a livelli elementari che più complessi. Nel primo caso questi rapporti sono facilmente comprensibili anche per un profano, per esempio per le durate dei suoni (doppio o metà, quarto e così via). Nel secondo caso i rapporti tra Musica e Matematica sono di più difficile comprensione non solo per il profano ma a volte anche per gli esperti. Un esempio riguarda l’arte della costruzione dei canoni, il tipo più raffinato di elaborazione intellettuale delle possibilità di relazioni tra suoni prodotto dal nostro sistema musicale. Come è noto il canone consiste nel far iniziare una melodia da una sola parte vocale o strumentale (antecedente) e farla seguire, dopo un dato intervallo temporale, da una differente parte che imita rigorosamente (anche partendo da una nota differente) il disegno melodico della parte iniziale. Bach per esempio scrive fughe che affrontano le più complesse combinazioni e altre in cui al contrario non si nota nulla di tutto questo. La prima grande serie di canoni bachiani si trova nelle Variazioni Goldberg composte nel 1741. Curiosità La mattina del 28 luglio 1750 Johann Sebastian Bach si svegliò, e vide la luce. Non la vedeva da tempo, perché due operazioni agli occhi effettuate qualche mese prima l'avevano lasciato praticamente cieco. La sera morì, lasciando incompiuta una grande fuga su un tema di quattro note: "si bemolle, la, do, si" in notazione italiana, o "B-A-C-H" in notazione tedesca. Già in altre opere, ad esempio nella Passione secondo Matteo e nella Messa in si bemolle minore, Bach aveva citato il proprio nome in musica in momenti cruciali: lo considerava infatti una rappresentazione della croce, a causa del suo andamento a zig-zag sul pentagramma. Sostituendo le lettere dell'alfabeto con i numeri corrispondenti (1 per la A, 2 per la B, eccetera) "Bach" diventa "2138", e sommando le cifre si ottiene 14. La grande fuga lasciata incompiuta è appunto la quattordicesima dell'Arte della fuga, e il numero ricorre spesso nell'opera di Bach.