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BALAFON


Giovane suonatore di Balafon, Mali








Il Balafon è uno strumento musicale caratteristico dell'Africa Occidentale sub-sahariana: si tratta di uno xilofono generalmente pentatonico, a volte diatonico.I popoli Susu e Malinké della Guinea, sono strettamente legati alla storia ed all'uso di questo strumento, così come il popolo Mandingo del Mali, Senegal e Gambia.

Composizione

È composto da una struttura di base in fasce di legno o in bambù in cui vengono posizionate orizzontalmente le zucche (calebasse) che fungono da cassa di risonanza, il cui numero può variare ma che generalmente si aggira intorno alla dozzina; a volte le zucche vengono forate e rivestite di sottili membrane che una volte erano costituite da tele di ragno o ali di pipistrello ma attualmente viene moto utilizzata la carta per rivestire il tabacco delle sigarette o da una sottile pellicola di plastica. Al di sopra delle zucche si trovano i tasti, fatti di legno, di forma rettangolare posizionati in maniera decrescente. Quelli più piccoli producono i suoni più acuti. Il numero di tasti varia in base alla dimensione dello strumento. Il balafon diatonico presenta tasti più spessi ma meno larghi proprio perché deve fornire note più alte.

Cenni storici

I primi accenni si tale strumento li ritroviamo nel 12° secolo, in seguito nel 1352, Ibn Battuta ha riportato l'esistenza di alcuni strumenti musciali allora sconosciuti, fra cui il Balafon.

DJEMBE

Un djembe di produzione industriale





Un djembe tradizionale














Il djembe (trascritto anche come djembè, djambè, djembé, jenbe, jembe, djimbe e secondo altre varianti) è un tamburo a calice originario dell'Africa Occidentale, in particolare della Guinea Conakry, Mali, Burkina Faso, Senegal e Costa d'Avorio e oggi diffuso in tutto il mondo. Il djembè è composto da un calice in legno ricoperto di pelle di capra o più raramente di mucca e da un sistema di tiraggio della pelle stessa, formato da corde e da cerchi metallici. Viene suonato a mani piene e ha tre colpi principali, lo slap (suono acuto), il tone (suono medio) ed il base (suono basso). Si tratta di uno strumento che viene raramente utilizzato in solo ma che si suona insieme ad altri tamburi e ad altri strumenti, che vanno a costituire la poliritmia, stabilendo attraverso le composizioni ritmiche, dei momenti di assolo per ogni tamburo.

Denominazione

La scrittura djembe, con il dj iniziale, è riflesso del fatto che furono i francesi a far conoscere lo strumento in Occidente; dj è infatti una traslitterazione in francese della "g" dolce ("giambé"). Nel periodo postcoloniale diverse autorità africane hanno proposto nuove traslitterazioni ufficiali basate su standard internazionali di trascrizione fonetica, ma la scrittura alla francese rimane tuttora predominante [1].




Struttura

I djembe sono tamburi di grandi dimensioni, in genere intorno ai 30 cm di diametro e 60 cm di altezza (ma ci sono ampi margini di variabilità). Il corpo, cavo, ha una tipica forma a calice; la superficie interna dovrebbe essere liscia e levigata, cosa che contribuisce alla ricchezza del timbro dello strumento. La membrana, tradizionalmente, è in pelle di capra; più raramente in pelle di vacca.
La pelle viene tesa attraverso due procedure distinte di tiraggio chiamate tiraggio verticale e tiraggio orizzontale.Il tiraggio verticale si effettua subito dopo il montaggio della pelle e consiste nel far raggiungere una buona tensione alle corde.Il tiraggio orizzontale consiste nell'intrecciare le corde precedentemente tirate utilizzando una terza corda che viene legata in direzione orizzontale al fusto. I djembe tradizionali sono costruiti a partire da un unico pezzo di legno. Si scelgono solo legni duri (soprattutto dimba, ma anche lenge, bois rouge, acajou, iroko, hare, dugura) e teak; i djembe più economici, realizzati incollando assieme diversi pezzi di legno, sono da scartare per la mediocre qualità del suono; i djembe prodotti industrialmente con materiali sintetici (sia la cassa sonora che la pelle), possono apparire prodotti professionali e ben fatti (spesso costano molto) ma sono assolutamente diversi nel suono dai veri djembe.




Suono e tecnica

Il djembe si distingue fra i membranofoni per una gamma di toni particolarmente ampia, che ne consente l'uso come strumento solista oltre che ritmico. Sostanzialmente però, i colpi principali sono tre: lo slap, il tone ed il base. Questa varietà tonale dipende dalla particolare forma a calice, dai tipi di legno usati, dalla lavorazione interna della cassa armonica, e dal tipo di pelle utilizzata.
Il djembe si suona con le mani e per riprodurre i toni fondamentali occorre una certa pratica; sono rilevanti sia la posizione in cui si colpisce la membrana quanto la "consistenza" del colpo. Il tone (colpo medio) si potrebbe descrivere come "concentrato" e si ottiene tenendo le dita unite e rigide; Lo slap è un colpo invece "diffuso" e si ottiene colpendo con la mano e le dita rilassate. Il passaggio dal colpo concentrato a quello diffuso corrisponde a un passaggio da toni più bassi a toni più alti; il terzo colpo fondamentale è il base (letto bass), ed è il colpo più basso e si produce colpendo la pelle al centro della pelle. I suonatori principianti tendono a cambiare tono spostando le mani, mentre i professionisti privilegiano in genere le variazioni nel tocco.



Due suonatori di djembe

Tradizionalmente, il djembe viene suonato in ensemble con altre percussioni, come i dunun (tamburi bassi) e nella maggior parte dei casi ricopre il ruolo di strumento solista.

Il djembe nella cultura

Il djembe è uno strumento di comunicazione sociale e come tale ha un ruolo molto importante nell'accompagnare danze cerimoniali e rituali, come nei battesimi, nei matrimoni, nei riti di circoncisione e nei funerali, praticamente le tappe fondamentali della vita, ma anche durante le feste "mondane". Il suonatore di djembe viene chiamato djembefola (fola significa suonatore).

Storia dello strumento

Le origini dello strumento sono certamente molto antiche; una delle ipotesi più diffuse è che provenga dalla regione di Wosolo (oggi nel Mali), dove sarebbe stato inventato dall'etnia Bamana circa 3000 anni fa [2].È comunque sicuro che questo strumento sia nato nelle regioni tra la Guinea ed il Mali.
Si ritiene che il djembe si sia diffuso in Africa Occidentale intorno al primo millennio d.C., probabilmente ad opera dei Numu, una classe di fabbri delle etnie Mandinka e Susu. Nonostante la relazione dello strumento con una particolare classe, tuttavia, in Africa la pratica di suonare il djembe non viene considerata un privilegio ereditario (come avviene per altri strumenti, per esempio quelli tipici dei griot). Pare che anticamente i djembe fossero usati anche per trasmettere messaggi a distanza.
Durante il colonialismo, i francesi diedero un contributo fondamentale allo studio e alla diffusione del djembe nel mondo occidentale. In Europa, il djembe iniziò a essere conosciuto a partire dagli anni '40, e divenne sempre più popolare nei decenni successivi. Molti Europei conobbero il djembe attraverso gli spettacoli de Les Ballets Africains di Papa Ladji Camara e Fodeba Keita. Verso la fine del XX secolo il djembe divenne uno degli strumenti "etnici" più popolari in Occidente. Questo crescente interesse internazionale per lo strumento fece sì che iniziassero a circolare esemplari prodotti in serie; i primi furono quelli realizzati dai mobilifici del Ghana e pensati per la vendita ai turisti. Per fortuna però i maestri artigiani Guineani, Maliani, Ivoriani, Senegalesi e Burkinabè hanno continuato a costruire i veri djembe lottando contro il sempre più asfissiante sistema moderno di commercializzazione












KORA

La kora è uno strumento musicale del gruppo dei cordofoni, della famiglia delle arpe a ponte; organologicamente è considerata un'arpa-liuto. È uno strumento tradizionale dell'etnia Mandinka, diffusa in buona parte dell'Africa Occidentale.
La cassa di risonanza della kora è costituita da una mezza zucca svuotata e ricoperta di pelle di animale (mucca o antilope). Sulla cassa è infisso un manico da cui partono 21 corde che si inseriscono, in due file parallele rispettivamente di 10 ed 11 corde, su di un ponticello perpendicolare al piano armonico. Le corde erano tradizionalmente fatte di cuoio, per esempio di pelle d'antilope; oggi sono molto usate anche le corpe d'arpa o il filo di nylon. Talvolta, fili di diversi materiali vengono avvolti assieme per formare una corda più spessa con un timbro specifico. Alcune kora moderne (in particolare costruite nella regione di Casamance, nel Senegal meridionale) hanno alcune corde aggiuntive (fino a quattro) dedicate ai bassi. Esistono anche varianti di kora a 23, 25, 27 fino ad un massimo di 28 corde. Le corde sono legate al manico da anelli di pelle; spostando tali anelli si può variare l'accordatura dello strumento.
La tradizione prevede quattro diverse accordature, dette tomora ba (o sila ba), hardino, sauta e tomora mesengo; corrispondono grosso modo alla scala maggiore, alla scala minore, alla scala lidia e alla scala blues. La tipologia di accordatura a cui si ricorre dipende perciò dal brano che si vuole eseguire.

Tecnica

Sebbene il suono di una kora sia molto simile a quello di un’arpa, le tecniche utilizzate per suonarla sono molto più simili a quelle impiegate per la chitarra del flamenco. L’esecutore suona lo strumento ponendolo davanti a sé, sorreggendolo con le due dita medie che fanno presa su due sporgenze di legno. Le corde vengono pizzicate con l’indice e l pollice di entrambe le mani, la fila di 11 con la mano sinistra, quella di 10 con la destra. I suonatori molto esperti sono capaci d eseguire contemporaneamente un accompagnamento ostinato (detto kumbeng) e un assolo improvvisato (chiamato biriminting).

Diffusione e ruolo culturale

La kora è diffusa presso tutti i popoli Mandinka dell'Africa occidentale; la si trova in Mali, Guinea, Senegal e Gambia. Il suonatore di kora viene detto jali; in genere appartiene a una famiglia di griot, ovvero di cantastorie. Così come il griot gode di un grande rispetto presso i popoli Mandinka (quale detentore della conoscenza sulle tradizioni, le gesta degli antenati, gli alberi genealogici dei clan, ovvero dell'intera tradizionale orale del popolo), analogamente quello di "jali" è considerato un titolo onorifico molto importante.

Tradizione orale e contemporaneità

Esistono diversi racconti orali che narrano l’invenzione e la storia di questo particolarissimo strumento musicale: nell’area dell’antico Regno del Mali, si narra che la Kora fu inventata da un grande capo dei guerrieri, Tira Maghan che l’avrebbe donata ai griots del suo villaggio; da quel momento essa sarebbe divenuta lo strumento privilegiato dei griots che ne avrebbero scoperto tutte le sfaccettature e le possibilità sonore al fine di rendere al meglio il prezioso dono ricevuto dal loro signore. Secondo una variante dello stesso mito, diffusa in Gambia, nella regione del Kansala la prima Kora sarebbe appartenuta ad una donna particolarmente ingegnosa e creativa, probabilmente una griotte.
In mancanza di documentazione scritta e di una tradizione orale in merito, è difficile stabilire quale sia stata l'evoluzione storica della kora prima dell'avvento degli Europei. La kora viene citata, tra l'altro, dall'esploratore scozzese Mungo Park, nel suo Travels in Interior Districts of Africa (1799).
Nel XX secolo, nella regione di Casamance, si sono iniziate a costruire kore a 25 corde. Una versione elettrica della kora, il gravikord, è stata inventata verso la fine del secolo da Robert Grawi, e viene oggi usata da molti musicisti africani; Foday Musa Suso, per esempio, suona il gravikord in alcuni brani di Herbie Hancock.





M'BIRA

La m'bira, è uno strumento idiofono tipico dell’Africa centrale, conosciuto in Occidente anche come sanza. Il termine sanza indica una famiglia di idiofoni presenti praticamente in tutta l’Africa nera il cui principio di base è quello della vibrazione di lamelle metalliche posizionate su una tavoletta di legno, con o senza cassa di risonanza. Le lamelle vengono fissate in modo tale da vibrare con una semplice pressione dei pollici.
Infatti, la m'bira è costituita da una sorta di tastiera in metallo o in legno accordata generalmente su una gamma pentatonica e da un risuonatore che può essere costituito da oggetti di vario tipo (calebasse, bottiglie, oggetti sferici di vari materiali). I tasti sono delle vere e proprie lamelle in metallo o più raramente in bambù che si suonano con i due pollici.In molte tradizioni culturali dell'Africa sub-sahariana, questo strumento è spesso utilizzato dai griot. Secondo la mitologia bantu, la m'bira era presente sin dai tempi della creazione del mondo, infatti ogni lamella rappresenta una fase della creazione.
La m'bira presso gli Shona dello Zimbabwe

La m'bira è uno degli strumenti tipici soprattutto della tradizione musicale dello Zimbabwe,non a caso Harare è un punto di riferimento per la musica dell'Africa australe. In particolare, la m'bira è molto diffusa tra gli Shona. Questo strumento presenta diverse varianti, come la M'bira Dzavadzimu e la M'bira Nyunga Nyunga e viene generalmente utilizzato durante le cerimonie ufficiali. La musica tradizionale Shona risulta molto rappresentativa delle potenzialità di questo strumento. Il musicista di m'bira è spesso anche abile cantante che si esibisce seguendo modelli melodici adatti alle possibilità sonore del lamellofono, con testi brevi che si ripetono e fraseggi in improvvisazione. Questi performer si esibiscono anche insieme, accompagnati da un altro cantante che si esibisce con un altro strumento, l'hosho e risponde alle provocazioni lanciate dai cantanti/musicisti nelle fasi di improvvisazione.

Riferimenti culturali

La musica m'bira dello Zimbabwe è stata l'oggetto del film-documentario "M'bira Music- Spirit of the People" (1990) diretto da Simon Bright e co-prodotto dalla regista di origine inglese Ingrid Sinclair.




GLI STRUMENTI

Musica banda della Repubblica Centrafricana La musica accompagna sempre le cerimonie sociali e religiose dei banda, un gruppo etnico africano. Suonata con strumenti a fiato chiamati ongos, prevede un gruppo di 18 elementi."Trumpets", da Musical Instruments of the World (Cat.# Le Chant du Monde LDX 274 675) (p)1990 Le Chant du Monde. Tutti i diritti riservati.
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La musica africana utilizza una grande varietà di strumenti. Il tamburo, diffusissimo, compare in diverse forme e dimensioni. Il corpo è fatto di legno o creta, mentre le membrane sono di pelle di animali. Importanti sono i tamburi a frizione, in cui il suono viene prodotto sfregandone la membrana, e quelli a clessidra dell'Africa occidentale, chiamati anche tamburi parlanti perché possono imitare l'andamento sonoro della voce umana.

Tamburi del Burundi Nel Burundi l'uso del tamburo è sempre stato legato alle cerimonie di corte. In passato, un gruppo di suonatori di tamburi era solito seguire il re nei suoi viaggi ed esibirsi in occasione di cerimonie in onore del sovrano. Ancora oggi i tamburi vengono suonati durante le feste e rappresentano il principale elemento della tradizione musicale di questo paese."Ingoma", Royal Drummers of Burundi, da Burundi: Traditional Music (Cat.# Ocora C 559003) (p)1988 Ocora/Radio France. Tutti i diritti riservati.
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Numerosi sono gli strumenti a percussione: bacchette, campane, nacchere, gong, zucche e vasi di creta, tubi e xilofoni. Il lamellofono – strumento esclusivamente africano diffuso in tutto il continente sotto vari nomi: mbira, kalimba o likembe – è costituito da una serie di strisce di metallo o di bambù fissate a una piccola cassa di risonanza. Tenuto in mano o in grembo, lo strumento viene suonato facendo vibrare con i pollici o gli indici le estremità libere delle lamelle.

Musica teda del Ciad Nella tradizione musicale dei teda, una popolazione che vive nei pressi del Tibesti, un massiccio montuoso vulcanico del Ciad, è preminente l'uso degli strumenti a corda. Questo brano, suonato con un tradizionale liuto a due corde chiamato keleli, viene eseguito nelle cerimonie nuziali."Susuma", da Chad: Music da Tibesti (Cat.# Le Chant du Monde LDX 274 722) (p)1990 Le Chant du Monde. Tutti i diritti riservati.
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Gli strumenti a corda comprendono gli archi musicali, i liuti, le arpe e le cetre. I mandinka del Gambia suonano la kora, un'arpa-liuto a ventuno corde, alcune delle quali vengono pizzicate mentre altre risuonano per simpatia. Popolare in Senegal è lo xalam, un liuto a pizzico progenitore del banjo. L'arco musicale, costituito da una corda tesa tra le due estremità di un'asta flessibile, svolge un ruolo particolarmente importante nella musica tradizionale delle popolazioni meridionali, come i san, gli xhosa e gli zulu.

Flauti, pifferi, oboi e trombe sono i principali strumenti a fiato. I flauti, traversi e diritti, di bambù, legno, creta, osso e altri materiali, sono presenti in tutta la regione subsahariana. Molto diffuse sono anche le trombe ricavate dalle corna degli animali. Il clarinetto delle savane dell'Africa occidentale ha il corpo e l'ancia fabbricati con lo stelo del sorgo. Gli strumenti ad ancia doppia, come l'algaita degli hausa, sono originari del Nord Africa.

RELAZIONE CON LA DANZA

Il trattamento di musica e danza come forme di arte separate è un'idea europea. In molte lingue africane non c'è nessun concetto che corrisponde precisamente a questi termini. Per esempio, in molte lingue di tipo Bantù vi è un concetto che può essere tradotto come canzone ed un altro che copre ambo i campi semantici dei concetti europei di musica e danza. Così c'è una parola per musica e danza (il significato esatto dei concetti può differire fra cultura e cultura).
Per esempio, in Kiswahili la parola ngoma può essere tradotta come "tamburo", "danza", "danza religiosa", "danza celebrativa" o "musica", in funzione del contesto della frase. Comunque ogni traduzione di un concetto singolo risulta essere incompleta.
Perciò, da un punto di vista interculturale, la musica africana e la danza devono essere viste in collegamento molto stretto. La classificazione del fenomeno di questa area della cultura, in "musica" e "danza", è estraneo a molte culture africane.
C'è un collegamento molto stretto tra la struttura poliritmica della musica africana e la struttura policentrica di molte danze africane nelle quali parti diverse del corpo si muovono secondo componenti ritmiche diverse.
La musica è ancora oggi estremamente funzionale nella vita africana, accompagnando sempre i momenti più importanti della vita come la nascita, il matrimonio, la caccia e anche le attività politiche. Molta musica esiste solamente per divertimento, variando da canzoni narrative a teatro musicale estremamente stilizzato. Somiglianze con altre culture, particolarmente l'indiana e la medio-orientale, possono essere attribuite principalmente alle invasioni islamiche...

IL TIMBRO

In molte culture di musica africana, vi è una preferenza per il "chiassoso" lamellafono. Nei lamellafoni, anelli di metallo sono messi dentro un'asta per creare un ronzio.Un altro esempio è dato da membrane fatte da tele di ragno legate alle aperture di risuonatori di calabash in alcuni tipi di xilofono. Le voci, diversamente dallo stile occidentale, possono essere anche roche e gutturali.

INTRODUZIONE

In Africa, la musica tradizionale è caratterizzata proprio dall’utilizzo di particolari strumenti musicali, spesso prodotti con materiali naturali come zucche, corna, pelli, conchiglie anche se attualmente è in uso una vasta tipologia di materiali artificiali, perlopiù in alluminio o in metallo come lattine, stringhe, tappi di bottiglia, bidoni.
Oltre agli strumenti in senso proprio, troviamo una serie di oggetti che pur non essendo classificabili come strumenti, vengono di fatto suonati e definiti da queste stesse popolazioni come “strumenti ritmici”, vale a dire: sonagli, pendagli, fischietti, bracciali, conchiglie etc.
In etnomusicologia, generalmente si suddividono gli strumenti musicali in quattro grandi categorie:
• IDIOFONI Il suono è prodotto dallo strumento stesso senza particolari ausili o supporti
• MEMBRANOFONI Il suono è prodotto da una o più membrane che vengono battute con le mani o con bastoni affusolati
• CORDOFONI Il suono è prodotto da corde, in cuoio o in nylon, che vengono pizzicate
• AEROFONI Il suono è prodotto dal fiato del musicista e canalizzato dallo strumento stesso
Anche il canto riveste una particolare importanza nell’ambito della musica africana, tradizionale e non.
Fra gli strumenti musicali africani si ricordano il tamburo, il gong e la campana duplice, mentre fra gli strumenti melodici si annoverano gli archi, diversi tipi di arpa, il kora, il violino, molti tipi di xilofono come il balafon, i lamellafoni come la m'bira o sanza e diversi tipi di strumento a fiato come il flauto e la la tromba.
Il grande numero di tamburi usato nella musica tradizionale africana include il tama (tamburi parlanti), il bougarabou e il djembe nell'Africa occidentale, tamburi ad acqua nell'Africa centrale e tipi diversi di tamburi spesso chiamati engoma o ngoma nell'Africa meridionale.
Durante l'epoca coloniale, strumenti europei come il sassofono, le trombe e la chitarra furono adottati da molti musicisti africani; i loro suoni furono integrati nei modelli tradizionali e sono usati in maniera estesa nella musica popolare africana.